sabato 28 marzo 2020

Cartoline da Betlemme 

Bevendo un tè in terrazza osservo le colline circostanti e il cielo spiraleggiante. 
Ieri sono andata a comprare l'acqua in un market qua vicino e ho fatto quasi solo incontri felini. Eleganti gatte tricolori con il naso nel pattume, randagi ispidi e furtivi con gli occhi appiccicosi, quasi mamme con i fianchi larghi e code ammalianti, tigrati furbi spaventati dal passo umano. Multicolori e multiforme stanno diventando i principi della città. Di notte, ancor di più, re e regine indisturbati segnano tracciati nuovi e frugano negli angoli più bui. 
D'altra parte, i bipedi in giro sono pochi, spenti e un po' tristi. 



Ci mancano sempre di più i felafel, gli ambulanti e i colori dei negozi del centro. Siamo in pensiero per quali saranno gli effetti sugli abitanti. 
La famiglia Hosh, che vive al piano terra della nostra guesthouse, è preoccupata e abbattuta. In assenza di turismo, le entrate di molti betlemiti saranno ridicolmente basse, se non nulle, per un bel pezzo. 
Domani, per sostenere un pochino gli Hosh, ATS ha organizzato un pranzo da loro. Imm Tawfiq ci preparerà un pranzo tipico palestinese, in questo modo li aiuteremo un pochino in questo periodo.

Questa settimana ho continuato il lavoro presso la Home of Peace. Mi sembra che i residenti stiano acquisendo sempre più fiducia in me. L'obiettivo per la prossima settimana è riuscire a fare un po' di riscaldamento muscolare mattutino, coinvolgendo il maggior numero possibile di ospiti. 

Bimbi che giocano

Strada deserta
Saluti da qui!

giovedì 19 marzo 2020

Betlemme è sempre più chiusa su se stessa, hanno trovato qualche altro caso anche a Beit Sahour donc Abu Mazen ha imposto il coprifuoco dalle 10am alle 10pm. I negozi chiusi sono sempre di più e la gente in giro sempre meno. 

Negli scorsi giorni ho lavorato alla Home of Peace dove risiedono una dozzina di ragazzi e signori con problemi psichiatrici di varia natura. 
Le mie mattinate si sono sempre svolte partendo dal lavaggio a mano di vestiti e lenzuola: dal momento in cui la gestione di questo centro è in mano alle suore di Madre Teresa, non ci sono lavatrici e, quindi, ogni giorno in terrazza si provvede a fare tutto manualmente. 
Dopo il lavaggio, di solito, piego i vestiti asciutti del giorno prima e poi aiuto a imboccare un paio di signori a pranzo. 

 
Tiraggio acqua

Strizzamento


Pian pianino alcuni ragazzi hanno iniziato a darmi un po' di confidenza e sono riuscita a scambiare qualche frasetta in arabo anche con loro. 
L'altro ieri ho portato la chitarra e ho cantato qualche canzone in italiano in inglese, devo provvedere a impararne qualcuna in arabo da cantare insieme. 

La situazione in cui si trovano non è sicuramente tra le migliori, anche se, da quel che so, credo sia comunque meglio rispetto ai manicomi locali.
Gli spazi sono inadeguati, angusti, la routine è opprimente: psicofarmaci, pasti e preghiere scandiscono il tempo quotidiano. 
Penso che il problema di base sia il fatto che nella stessa struttura convivono persone con problematiche estremamente diverse tra loro: ci sono persone con disabilità fisiche o mentali, altre con un passato di violenza, degrado e abbandono. 

Le seguenti sono alcune foto scattate dalla terrazza con le vasche per lavare. 














 


domenica 15 marzo 2020

Buonasera!

Qualche racconto dell'ultima settimana a Betlemme. 

Il clima nelle strade non è cambiato molto dalla settimana scorsa. Purtroppo si nota tristemente che sempre più negozi stanno rimanendo chiusi. Anche qui, come in Italia (?) si respira aria satura di surrealismo. Zero turisti, nessuno che ti chieda di comprare una kefiah o dei dolci, sguardi sospettosi e ancora qualche "corona, corona go away". 

Tassisti in Manger Street senza lavoro
In realtà, mi sembra che la tensione che settimana scorsa si tagliava con un coltello si sia un po' alleviata: pian piano i commercianti del suq o di Star Street mi iniziano a riconoscere, quindi mi chiedono come sto e hanno piacere a scambiare due parole.

Anche qui possiamo uscire solo per andare al lavoro e per la spesa, niente di più. Nonostante questo, devo dire che, fortunatamente, il tempo sta trascorrendo piuttosto piacevolmente. 
Uno degli appuntamenti fissi delle nostre giornate è il cibo: ci divertiamo a sperimentare vari piatti e ricette e a recuperare in modo creativo i rari avanzi. 
Poi, per smaltire un po' di energie in eccesso, stiamo cercando di fare sport il più frequentemente possibile (sempre rimanendo a casa). Tra sessioni di yoga, stretching e crossfit (!) proviamo anche a smaltire le quantità di calorie che ingeriamo costantemente. 
Di sera, invece, si chiacchiera molto a tavola, si ride e si suona un po' la chitarra o si guarda un film.

A inizio settimana sono rimasta a casa e ho portato avanti qualche lavoretto da ufficio e qualche traduzione. 
Poi ieri e l'altro ieri ho iniziato ad andare nella Casa della Pace di Betlemme. In questo luogo, gestito dalle suore di Madre Teresa, risiedono signori e ragazzi con problemi psichiatrici o di disabilità. 
Ho prevalentemente aiutato nelle seguenti mansioni: pulizia dei pavimenti, rifare i letti, lavare i vestiti a mano (dato che non usano le lavatrici) e dare da mangiare la merenda o il pranzo a chi non riesce da solo. 
È un posto particolare in quanto credo che le storie e particolarità dei residenti siano molto diverse tra di loro e, purtroppo, ai miei occhi, le loro giornate trascorrono secondo una routine piuttosto statica, retrograda e angusta. 
Spero di poter proporre qualche attività ricreativa prossimamente. 
In questi due giorni, sono stata guidata nei lavori da suor Marilla, una signora del Kerala che parla molto bene arabo e inglese. In generale, direi che tutto il personale è molto gentile e disponibile: sia la cuoca che la signora delle pulizie cercano di aiutarmi con il mio arabo/palestinese.
Cercherò di mandare qualche foto prossimamente. 

Quella che segue è un'altra immagine scattata dal terrazzo in uno degli ultimi giorni di Sole (ultimamente, infattim le giornate sono piuttosto uggiose, piovose e ventose)


Visuale dal terrazzo in un raro giorno soleggiato



Oltre ai miei raccontini, c'è non poca preoccupazione per l'evoluzione e le ripercussioni del corona sulla comunità di Betlemme e, più in generale sulla situazione israelo-palestinese. Partendo dal fatto che Betlemme si basa molto sul turismo, le conseguenze economiche e sociali saranno piuttosto devastanti. 
Ieri anche Israele ha dichiarato lo stato di emergenza, quindi, ci hanno accennato che moltissimi lavoratori palestinesi del nord non potranno più andare al lavoro perchè molti check-point sono chiusi.

Purtroppo non ho molte nuove foto perchè ho poche occasioni per scattarne dal momento in cui gli spostamenti sono piuttosto limitati e anche per non attirare troppo l'attenzione degli abitanti.

Un abbraccio a tutti!

domenica 8 marzo 2020

7 marzo

Aggiornamenti coronavirus

Dopo una settimana di quarantena e di lavoretti in casa, il giorno in cui torniamo al lavoro si scoprono sette casi sospetti in un hotel di Beit Jala.
Le scuole chiudono immediatamente. Man mano che escono le notizie scopriamo che il check-point rimarrà chiuso per un mese, quindi non si uscirà da Betlemme per un bel pezzo.

Davanzale della terrazza del nostro nuovo alloggio 

8 marzo 

La psicosi aumenta anche qui: quando vedono qualcuno dai tratti occidentali quasi tutti dicono "Corona!", si allontanano, si alzano la mascherina, la sciarpa o il bavero della giacca per tutelarsi meglio. Oggi un venditore al suq ha fatto segno a me e Anna di allontanarci e di non volerci nei suoi paraggi. Sensazione spiacevole, a suo modo interessante e sicuramente nuova. 

Attualmente alloggio in una guesthouse (dove ho anche lavorato un paio di mattine) nel cuore della città. Dar al Majus, infatti, si trova a pochissimi passi di distanza dalla Chiesa della Natività e dalla moschea centrale di Betlemme. 
Oggi pomeriggio, passando davanti alla moschea, alcuni uomini stavano pregando davanti al portone d'ingresso dato che chiese e moschee sono chiuse.
Nonostante siano davvero tante le persone spaventate dal mostro italiano o, più in generale, occidentale, fortunatamente c'è ancora chi sorride e ha voglia di scambiare due paroline in arabo. 

A parte tutto questo trambusto e nella speranza che la situazione qui non peggiori troppo, il tempo con gli amici trascorre molto molto bene. :)


Imbrunire dalla finestra

Moschea a dieci passi da qui


martedì 3 marzo 2020


1 marzo

Primo giro di esplorazione in solitaria: dal momento in cui (per ora (causa corona)) non possiamo uscire dal check-point, decido di andare a vedere Beit Jala, paese accanto a Betlemme.

Dopo una mezz'ora di salita sono già alla chiesa di San Nicola.

Chiesa di San Nicola

Uno dei quattro quartieri centrali (hara') che si sviluppano intorno alla chiesa

Essendo domenica c'è abbastanza movimento: signori che giocano a carte al bar e bambini che giocano a palla per strada. Fortunatamente poche auto e un bel sole, peccato solo per il vento forte.

Continuo a salire e raggiungo un punto panoramico. La vista è molto particolare. Come si nota nella foto seguente, vediamo una sorta di superstrada delimitata da mura belle alte.
Sinceramente non ho idea della funzione di questa barriera e non so nemmeno se faccia parte del muro.

Panorama da Beit Jala

Mi avvio verso il "Cremisan Monastery" ma, non sapendo quanto dista ancora, decido di avviarmi verso il rientro.
Osservo un po' il pendio collinare sotto di me: è pieno di ulivi e spazzatura. Non so come, ma gli ulivi sembrano più forti che mai. Uno ha addirittura messo radici in mezzo al marciapiede.






Entro in un negozietto di vestiti e oggetti vari realizzati a mano. Chiacchiero un po' con la signora del negozio e riprendo la mia discesa verso Betlemme.

Quasi a casa, attraverso per la prima volta uno dei tre campi profughi di Betlemme.
I campi profughi sono dei quartieri nati per ospitare persone fuggite dalla guerra durante il secolo scorso. Non ci sono tende o simili: le persone alloggiano all'interno di abitazioni un po' fatiscenti, probabilmente nate come alloggi di fortuna poi rimasti invariati nel tempo.
Non mi azzardo a fare foto, ma sicuramente ci tornerò di nuovo e proverò a immortalare qualcosa.

Rispetto ai campi profughi ci spiegarono che per molti profughi, in qualche modo, è vantaggioso mantenere questo status quo: le sovvenzioni di cui godono a tutt'oggi sono infatti moltissime.


Quando rientro su Manger Street mi fermo a chiacchierare un po' con un gruppetto di bambini: mi fanno qualche domanda in arabo (ad esempio mi chiedono se ho mai preso il gelato nel negozio accanto), se la ridacchiano facendo qualche battuta sugli israeliani che non capisco. Giochiamo a carta, forbice e sasso e, dopo un po', mi congedo. 

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“Questa è la vera difficortà di la doppia morti, la morti cchiù amara, la morti cchiù disgraziata, che non è moriri senza sapiri di moriri,...