1 marzo
Primo giro di esplorazione in solitaria: dal momento in cui (per ora (causa corona)) non possiamo uscire dal check-point, decido di andare a vedere Beit Jala, paese accanto a Betlemme.
Dopo una mezz'ora di salita sono già alla chiesa di San Nicola.
Chiesa di San Nicola |
Uno dei quattro quartieri centrali (hara') che si sviluppano intorno alla chiesa |
Continuo a salire e raggiungo un punto panoramico. La vista è molto particolare. Come si nota nella foto seguente, vediamo una sorta di superstrada delimitata da mura belle alte.
Sinceramente non ho idea della funzione di questa barriera e non so nemmeno se faccia parte del muro.
Panorama da Beit Jala |
Mi avvio verso il "Cremisan Monastery" ma, non sapendo quanto dista ancora, decido di avviarmi verso il rientro.
Osservo un po' il pendio collinare sotto di me: è pieno di ulivi e spazzatura. Non so come, ma gli ulivi sembrano più forti che mai. Uno ha addirittura messo radici in mezzo al marciapiede.
Entro in un negozietto di vestiti e oggetti vari realizzati a mano. Chiacchiero un po' con la signora del negozio e riprendo la mia discesa verso Betlemme.
Quasi a casa, attraverso per la prima volta uno dei tre campi profughi di Betlemme.
I campi profughi sono dei quartieri nati per ospitare persone fuggite dalla guerra durante il secolo scorso. Non ci sono tende o simili: le persone alloggiano all'interno di abitazioni un po' fatiscenti, probabilmente nate come alloggi di fortuna poi rimasti invariati nel tempo.
Non mi azzardo a fare foto, ma sicuramente ci tornerò di nuovo e proverò a immortalare qualcosa.
Rispetto ai campi profughi ci spiegarono che per molti profughi, in qualche modo, è vantaggioso mantenere questo status quo: le sovvenzioni di cui godono a tutt'oggi sono infatti moltissime.
Quando rientro su Manger Street mi fermo a chiacchierare un po' con un gruppetto di bambini: mi fanno qualche domanda in arabo (ad esempio mi chiedono se ho mai preso il gelato nel negozio accanto), se la ridacchiano facendo qualche battuta sugli israeliani che non capisco. Giochiamo a carta, forbice e sasso e, dopo un po', mi congedo.
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