mercoledì 15 luglio 2020

“Questa è la vera difficortà di la doppia morti, la morti cchiù amara, la morti cchiù disgraziata, che non è moriri senza sapiri di moriri, e questa sarebbe la morti semplici, ma moriri sapennu di moriri, quannu ti fannu accanusciri il momento preciso di la morti tò, quanno vidi che questo pugno di rena che ti hanno posato davanti dicendoti: «quanno lu tempo se lo è portato via granello appresso granello, a questo mumentu stabilitu la vita tò è finuta», quanno un ponentino leggiu leggiu accumenza a fàrisi sentiri e tu hai voglia a inserrare porte e finestre, hai voglia a sigillare minime fessure, hai voglia a tappare pirtusa, nenti, nenti, quel ponentino che non si arrinesce a capire da dove s’infila, trova sempri modo di trasire e di fare scumparire la rena granello appresso granello e tu sai, tu accapisci che ogni cosa che fai non la potrai rifare cchiù doppo semplicementi pirchì non ci sarà cchiù un doppo e perciò se finisci di fabbricare la comerdia, quanno che hai finito di fabbricare la comerdia, quanno la comerdia è fatta, quanno la comerdia è fabbricata, quanno la comerdia è finuta, quanno alla comerdia non c’è cchiù nenti da aggiungere, quannu la comerdia è pronta a volari, sei tu stesso che finendo di fabbricare la comerdia hai dato una soffiata forte a quello che resta del pugno di rena e ne hai fatto volare via minimu minimu la metà e allura che faccio? la metto o non la metto quest’ultima strisciolina di carta velina? e se la metto e la comerdia è finita non è macari finita la vita mè? sai che ti dico? eh, sai che ti dico? iu non ci penso cchiù iu lo mettu l’ultimo pezzu di carta velina e itivinni a pigliarvela ‘n culu tutti quanti ecco fatto l’ho messo vediamo se la colla di farina tiene la comerdia è finuta bonanotti bonanotti macari se sta accomenzanno proprio ora a fare jorno”.
 
(Andrea Camilleri, Ibid., p. 427-428).
 
 
Aquilone (comerdia) di qualche mese fa
 

martedì 14 luglio 2020

Ecco, come promesso, un paio di foto di settimana scorsa.


Io e Lea a goderci l'innalzarsi della Luna nel deserto del Negev


Io e Lea nel goffo tentativo di dare da mangiare ai lama di una farm

Appena rientrati dalla fuga nel deserto, scopriamo che il lockdown è esteso di nuovo, sia a Betlemme che in West Bank.

Al di là di ciò, il mio operato infrasettimanale all'Antonian Society continua stabilmente e suor Lizzy mi dirige in varie attività. Mi auguro di riuscire a portare un po' di cucina palestinese anche a casa. :)

Finalmente, qualche giorno fa, sono riuscita a salutare e a chiacchierare un pochino pochino a distanza con alcune delle donne anziane che vivono dove lavoro. Molte di loro vengono da storie di povertà, abbandono e maltrattamenti e sono spesso sole. 
Gran peccato che tutto sia vissuto così, col contagocce, a causa del virus. 




Svuotando le zucchine per farle ripiene

Ad ogni modo è anche tempo di foglie che si staccano e rondini che ripartono.
Volo permettendo, settimana prossima, dopo cinque mesi tondi tra queste pietre e questi respiri, si profila il mio rientro in terra natia.

Nella confusione dell'incertezza, nella tensione verso un abbraccio in aeroporto, nella malinconia a dire ma'a salama (che la pace sia con te) a questa terra, mi dimeno tra speranza, impazienza e paura.
Variegato di emozioni per questi giorni di addi e di auspicabile rientro.

Dico addi perchè molto molto molto probabilmente, una volta tornata in Italia, non potrò più rientrare qui per un pezzo (sempre causa covid e causa visto da volontaria).
Spero solo che, quando potrò rimettere piede su questa terra, ci sarà ancora il nome Palestina e non solo il ricordo di una bandiera.

In realtà, ho sentito alcuni conoscenti palestinesi sostenere che la soluzione dello stato unico potrebbe migliorare le cose, a partire dal fatto che, così, si eviterebbe di prolungare questo apartheid silenzioso e senza via d'uscita.
Comunque difficile una prendere posizione netta.

Un caro saluto e a presto, inshallah

martedì 7 luglio 2020

Da Betlemme, città fantasma per la seconda volta.

Lo scorso sabato il nostro capo ci ha portato all'avventura nel deserto per sfuggire un po' a questo nuovo lock-down cittadino. 
Rimango sempre colpita dall'aleatorietà degli spostamenti e dall'inevitabile rassegnazione con cui lui e la famiglia sono costretti ad affronatare anche una "semplice" gita. Dal momento in cui la moglie è palestinese, non potevamo prevedere se al soldato di turno al check-point andasse a genio o meno che lei passasse. In sostanza siamo partiti da casa loro consapevoli che saremmo potuti non entrare in Israele e che avremmo conseguentemente trascorso la notte in tenda nel giardino di casa anzichè nel deserto.

Alla fine ce l'abbiamo fatta e siamo riusciti ad avviarci verso Mitzpe Ramon, a circa 200 km a sud di Betlemme.
Abbiamo percorso una strada piuttosto lunga, in modo da evitare numerosi check-point e posti di blocco. Per pranzo ci siamo fermati in una riserva naturale con un paio di laghetti e poi abbiamo proseguito verso sud, attraversando paesaggi collinosi e boscosi e altri più aridi e desertici.
Viaggiando di shabbat, il percorso in andata è stato piuttosto veloce e senza intoppi.

Una volta arrivati a Mitzpe Ramon, nel pomeriggio, abbiamo piantato le tende in una sorta di campeggio/base e ci siamo avviati a fare una passeggiata nel deserto roccioso al tramonto.
Il Sole in fuga a ovest e la Luna piena nella sua risalita da est, in scherno al suo pianeta.

Nel silenzio della notte, dopo il fuoco, i giochi con i bambini e le risate, mi stavo godendo la tintarella sulle rocce quando sento uno scalpiccio, sempre più intenso e più vicino. Appena in tempo per non spaventarmi troppo, vedo da lontano un cavallo bianco al trotto. Comparsa desertica.
https://www.youtube.com/watch?v=zSAJ0l4OBHM 

Domenica, rientrando verso casa e nelle varie tappe (tra cui una fattoria con lama e alpaca), abbiamo visto pullman e pullman carichi di giovani israeliani e israeliane in divisa militare. Erano davvero una quantità impressionante e tutti giovanissimi.
Essendo in uno stato di guerra, Israele prevede il servizio militare obbligatorio. Le ragazze due anni e i ragazzi tre.
Mi ha fatto non poca impressione vedere la normalità con cui si mangiavano un BigMac con il mitra appoggiato sulle gambe. 
Ho anche notato un signore in abiti civili con una pistola alla cintura. E, così, ho scoperto che i coloni possono avere con sè armi.

Al momento sono sfornita di foto, ne caricherò qualcuna prossimamente!

Col cuore in attesa di buone notizie
E nella speranza di vacanze italiane
Saluti da dietro il muro

lunedì 29 giugno 2020

Oggi e domani ulteriore lock-down speciale che vede tutta Betlemme chiusa e ferma. Stamattina la piazza era vuota e i negozi chiusi. Come sempre andando al lavoro, nonostante il deserto cittadino, ho incontrato Anton, un signore anziano che girovaga spesso in centro, appoggiandosi al bastone e fumando sigarette.

Nell'ultima settimana i casi in Israele e in Palestina sono aumentati esponenzialmente. Ahimè, quindi, non so quanto si potrà girare e visitare durante il mese di luglio.
Perdipiù, dal primo luglio dovrebbe avviarsi anche l'annessione.
Girano voci che questo lock-down proprio nei due giorni precedenti l'annessione non sia un caso. Che sia un modo per evitare eventuali incontri per organizzare manifestazioni o proteste?

Di seguito due articoli sull'annessione.

https://www.repubblica.it/esteri/2020/06/28/news/i_palestinesi_contro_il_piano_di_netanyahu_sull_annessione_degli_insediamenti_hamas_minaccia_la_guerra_e_abu_mazen_di_sciog-260457978/ 

https://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Gaza-1-luglio-giornata-collera-contro-piani-annessione-Israele-in-Cisgiordania-0179ec8f-15b3-4820-9393-6f0f7da25bbb.html?refresh_ce


Domenica scorsa, invece, ho visitato il campo profughi più grande di Betlemme, l'Aida Camp, fondato nel 1948.
Di seguito qualche foto.

Ingresso al campo


Graffito Mahmoud Darwish






 Qui, invece, alcuni nuovi graffiti al muro.






Per quanto riguarda il lavoro, sperando non salti tutto causa corona, da mercoledì inizierò a lavorare in un centro estivo per bambini e ragazzi dai quattro ai dodici anni. Ho preparato un po' di esercizi e giochi di teatro, vediamo cosa salterà fuori.  

Saluti! 

sabato 20 giugno 2020

Giovedì siamo andati a Tel Aviv a fare il bagno.
Dopo lo "Shalom" al check-point il mondo cambia. Appaiono i cappelli, scompaiono le taniche d'acqua sui tetti, così come i sorrisi e l'accoglienza. Entri in Israele, uno dei paesi più felici al mondo.

Filo spinato o parete di otto metri che spartisce il mondo.
Privilegio bianco (da occidentale, straniera del nord del mondo) che fa da lasciapassare. Anche qui. Sforzarsi di capire cosa possa significare per chi è nato a Betlemme e non ne è mai uscito. Come si tiene tra le mani questo privilegio?
Per i musulmani è difficilissimo ottenere il permesso per andare di là, a meno che sia per lavoro. Per i cristiani ci sono dei permessi anche di tipo religioso. Cosa significa questa differenza?


Non avere l'acqua e non poter vedere il mare.

Poi ieri una bimba di dodici anni mi ha invitata a bere un tè a casa sua. Una delle abitazioni più povere e fatiscenti dove sia mai stata in vita mia. Casa senza il bagno. L'accoglienza è stata splendente, gioiosa, curiosa.
Mi hanno chiesto di tornare domani. Per un pranzo insieme, con uno dei piatti più buoni che offre la tradizione. Dignità incredibile, generosità estrema e apertura.

Ieri a cena con la nostra prof di arabo che dice: "Quando tornerete qui tra vent'anni con i vostri figli, non ci sarà più la Palestina".

Ti senti calzino ribaltato e non sai che parole usare.
Percepisci e vedi anche tu l'inesorabile e lento logorio di questa terra, di questo popolo.
Imbarazzo misto a impotenza, rassegnazione e rabbia.

Nel naso ancora il profumo della macchia mediterranea attraversata stamattina, tra ulivi e vigne del Cremisan di Beit Jala, dove fanno il vino che beviamo.







Concludo con la poesia di Mahmoud Darwish Carta d'identità e con un grazie.

Ricordate!
Sono un arabo
E la mia carta d’identità è la numero cinquantamila
Ho otto bambini
E il nono arriverà dopo l’estate.
V’irriterete?


Ricordate!
Sono un arabo,
impiegato con gli operai nella cava
Ho otto bambini
Dalle rocce
Ricavo il pane,
I vestiti e i libri.
Non chiedo la carità alle vostre porte
Né mi umilio ai gradini della vostra camera
Perciò, sarete irritati?

Ricordate!
Sono un arabo,
Ho un nome senza titoli
E resto paziente nella terra
La cui gente è irritata.
Le mie radici
furono usurpate prima della nascita del tempo
prima dell’apertura delle ere
prima dei pini, e degli alberi d’olivo
E prima che crescesse l’erba.
Mio padre… viene dalla stirpe dell’aratro,
Non da un ceto privilegiato

e mio nonno, era un contadino
né ben cresciuto, né ben nato!
Mi ha insegnato l’orgoglio del sole
Prima di insegnarmi a leggere,
e la mia casa è come la guardiola di un sorvegliante
fatta di vimini e paglia:
siete soddisfatti del mio stato?
Ho un nome senza titolo!

Ricordate!
Sono un arabo.
E voi avete rubato gli orti dei miei antenati
E la terra che coltivavo
Insieme ai miei figli,
Senza lasciarci nulla
se non queste rocce,
E lo Stato prenderà anche queste,
Come si mormora.

Perciò!
Segnatelo in cima alla vostra prima pagina:
Non odio la gente
Né ho mai abusato di alcuno
ma se divento affamato
La carne dell’usurpatore diverrà il mio cibo.
Prestate attenzione!
Prestate attenzione!
Alla mia collera
Ed alla mia fame!

domenica 14 giugno 2020

Il muro muta. Betlemme, 11 giugno 2020.




In settimana ho potuto visitare per la prima volta la Créche (in francese asilo nido) di Betlemme.
Questo luogo piuttosto impressionante accompagna bambini dagli 0 ai 6 anni. Nella maggior parte dei casi i bambini sono abbandonati alla nascita e rimarranno senza identità per tutta la vita.

Nell'islam una donna che rimane incinta prima del matrimonio verrà probabilmente punita con la morte. Sono quindi molte le ragazze madre costrette a partorire segretamente, così come sono molto frequenti gli incesti e gli abusi.
Nella struttura, attualmente, ci sono quarantacinque bambini e la più piccola ha solo una settimana.

Suor Maria, una signora sarda molto accogliente, ci ha raccontato un po' la funzione di questa struttura, oltre a qualche aneddoto accappona-pelle.
Prima che ci fosse il muro, molte donne che rimanevano incinte, si recavano alla créche, sapendo di poter trovare un luogo che le tutelasse e le proteggesse fino alla gravidanza. Molte di esse davano una mano in lavanderia e ricevevano anche uno stipendio. I soldi messi da parte, sarebbero poi stati l'alibi per la famiglia. La donna avrebbe sostenuto di essere stata via per lavoro e, portando addirittura dei soldi a casa, nessuno avrebbe indagato troppo. Al contempo sarebbe stata sostenuta e seguita, in sicurezza e segretezza, dalle sorelle della créche fino al parto.
Da quando è stato costruito il muro, ovvero nel 2002, molte donne non riescono più ad entrare a Betlemme; di conseguenza sono costrette a partorire in condizioni molto più rischiose per se stesse e il neonato, molto spesso abbandonato in strada.

Un ulteriore aspetto particolarmente toccante è il fatto che l'islam non prevede l'adozione, ma solo la tutela. Di conseguenza, i bambini che verranno eventualmente presi in tutela, non avranno mai un cognome, un documento d'identità e non avranno mai diritto alla successione.
Questo luogo, inoltre, essendo amministrato dall'autorità dei Territori Palestinesi (a stampo islamico), non potrà mai essere luogo di partenza per adozioni internazionali.

Prossimamente, qualche pomeriggio a settimana, andrò a coccolare un po' i più piccini e a giocare con i più grandicelli.



Oggi gita a Ramallah, molto più piacevole passeggiarci ed esplorarla di quanto non mi avessero preannunciato. Città vecchia piccina e tranquilla, parchi giochi con bambini estremamente incuriositi che accerchiano per parlare e giocare con te, purtroppo musei ancora tutti chiusi.


Venditore di caffè alla rotonda dei leoni

Panni stesi in città vecchia

Padrone di un angolo di città vecchia

Statua. In fuga?

martedì 9 giugno 2020

Anche lo scorso weekend sono riuscita a non rimanere a Betlemme e a fare due giretti fuori porta.
Sabato, giorno di festa per gli ebrei, ovvero Shabbat, sono stata a Gerusalemme.
Ho esplorato meglio i vari quartieri della città vecchia, sono ripassata dal Muro del Pianto e dal Santo Sepolcro (quasi deserto!) e ho provato ad entrare alla Spianata delle Moschee, ma, come succede nella maggior parte dei casi, l'ingresso era riservato esclusivamente ai fedeli musulmani.

Al Muro del Pianto non c'era quasi nessuno: evidentemente per lo Shabbat la maggior parte degli ebrei erano in sinagoga o al pranzo di famiglia.
Molteplici le donne che mi hanno squadrata malissimo vedendo la macchina fotografica. Durante shabbat, infatti, non si può nemmeno essere fotografati.
Qui di seguito uno stralcio di articolo che spiega cosa gli ebrei evitano di fare durante lo Shabbat. 

"Le attività proibite di sabato. Le principali attività che un ebreo non può svolgere di sabato, secondo quanto i rabbini hanno anticamente stabilito, si riferiscono a un tempo che fu, corrispondono ai 39 tipi di lavori necessari per la costruzione del tabernacolo, e quindi poco compatibili con la vita moderna. Ma gli ebrei, popolo notoriamente ingegnoso e acuto, hanno tradotto i divieti in base all’evoluzione subita dalla storia. Perché il succo dello shabbat è quello di non turbare il normale equilibro della natura. E così dal tramonto del venerdì per circa 25 ore gli ebrei non possono scrivere, non possono accendere la luce, non possono rispondere al telefono, non possono cucinare, non possono fare shopping. Non possono disfare nodi, non possono macellare, non possono cacciare, non possono costruire né demolire. Per ovviare alle scomodità, la luce la accendono in anticipo, e idem per la cucina tenendo il cibo al caldo in forni dotati di timer. In molti palazzi, oltre che negli hotel che osservano lo shabbat, sono stati installati ascensori che fermano ad ogni piano. E se squilla il telefono chiedono a qualcuno di rispondere al loro posto e si fanno poi passare l’apparecchio. Perché il problema è innescare la chiamata, non parlare al telefono. E via di questo passo. Nel dubbio, meglio astenersi dal fare qualsiasi cosa."

tratto da
https://primabergamo.it/cronaca/perche-gli-ebrei-il-sabato-non-possono-neppure-guidare/  


Muro del pianto

Settore femminile del muro

Ingresso alla spianata

Coppia anziana nel quartiere ebraico

Domenica, invece, sono stata a una specie di tour con la stessa guida che ci ha portato nel deserto settimana scorsa. Abbiamo visitato l'ulivo più antico, un paio di fonti sorgive d'acqua (tra cui una delle poche che Israele non si è ancora presa) e, dopo una camminata nel verde, abbiamo ammirato un tramonto fantastico dal villaggio di Battir. 
Per mia sorpresa ho scoperto che molti dei luoghi visitati domenica saranno annessi ai territori israeliani, secondo il nuovo piano di annessione che si dovrebbe attivare dal primo luglio. 
Le persone qui iniziano a preoccuparsi e probabilmente nelle prossime settimane si scalderanno un po' gli animi. Vediamo cosa si muoverà.  


Ulivo secolare




Tramonto da Battir





Sentire il peso specifico di ogni passo sulla polvere di questa terra
Calpestare più suolo possibile
Fare presenza
Attendere che accada il peggio

“Questa è la vera difficortà di la doppia morti, la morti cchiù amara, la morti cchiù disgraziata, che non è moriri senza sapiri di moriri,...